[04] Scegliere tra Blu e Rosso
Esploriamo le differenze tra applicativi centralizzati e open federati in ambito educativo, affrontando le implicazioni sulla privacy, identità digitale e comunità. Un episodio ricco di esempi, sondaggi e riflessioni pratiche.
Chapter 1
Due mondi digitali a confronto
Unknown Speaker
Ciao a tutti e bentornati a Openness in Education! Io sono Elena Ferri, e con me c’è come sempre Tommaso Minerva. Oggi, Tommaso, ci addentriamo in un tema che, secondo me, è un po’ la chiave di tutto il nostro ciclo: la scelta tra il mondo blu e il mondo rosso. Sembrano quasi delle puntate di Matrix, eh?
Tommaso Minerva
Eh sì, Elena, la metafora della pillola blu e della pillola rossa ormai ci accompagna da un po’. E, come abbiamo già accennato in una delle scorse puntate, non si tratta di dire che una sia giusta e l’altra sbagliata, ma di essere consapevoli di cosa comporta scegliere l’una o l’altra.
Tommaso Minerva
Oggi, però, vogliamo proprio mettere a confronto questi due mondi: da una parte le piattaforme centralizzate, i “grandi blu” come WhatsApp, Google, Facebook, Apple… e dall’altra le soluzioni open e federate, il cosiddetto “mondo rosso”.
Unknown Speaker
Esatto. E tra l’altro, durante i nostri webinar, abbiamo lanciato un sondaggio proprio su questo: quale pillola scegliereste? E, guarda caso, la maggioranza, anche se di poco, ha scelto la pillola blu. Però c’è stata una fetta consistente di persone che ha optato per la rossa. Quindi, insomma, la curiosità verso le alternative open cresce, anche se il “blu” resta la scelta più istintiva.
Tommaso Minerva
Sì, e secondo me è anche normale: il mondo blu è quello che conosciamo tutti, quello che usiamo ogni giorno, spesso senza nemmeno pensarci. Ma il mondo rosso, quello delle piattaforme open e federate, magari sembra più esotico, un po’ strano… però offre delle possibilità che spesso sottovalutiamo.
Unknown Speaker
A proposito di scelte, mi viene in mente la prima volta che, all’università, ho deciso di usare un’app open source per un progetto. Era una piattaforma di gestione dati, niente di troppo sofisticato, ma ricordo che mi sentivo un po’ fuori dal coro. Tutti usavano Google Drive, io invece mi sono intestardita con una soluzione open. All’inizio ho fatto fatica, lo ammetto, ma poi ho scoperto un mondo di possibilità che non avevo mai considerato. Ecco, forse è proprio questo il punto: la fatica iniziale, ma anche la libertà che ne deriva.
Tommaso Minerva
Sì, e guarda, questa cosa della fatica la sento spesso anche tra i miei studenti. C’è sempre un po’ di resistenza, perché il familiare rassicura. Però, come dicevamo anche nella scorsa puntata sul Fediverso, la consapevolezza è la chiave. Non si tratta di demonizzare il blu o di santificare il rosso, ma di capire davvero cosa c’è dietro ogni scelta.
Chapter 2
Identità digitale e sicurezza
Tommaso Minerva
Ecco, uno dei temi che secondo me fa davvero la differenza tra questi due mondi è la gestione dell’identità digitale. Nei sistemi centralizzati, spesso ci registriamo con Google, Facebook, Apple… e in pratica stiamo dicendo: “Ehi, Google, certifica tu chi sono io”. Ma quanto è affidabile questa certificazione?
Unknown Speaker
Eh, bella domanda. In realtà, come dicevi tu, basta che io mi crei un account Google con un nome di fantasia e, voilà, sono chi voglio. E questo, in un contesto educativo, può essere un problema. Pensiamo alle fake identity: su Facebook o Google ce ne sono a bizzeffe. E allora, come facciamo a sapere chi c’è davvero dall’altra parte?
Tommaso Minerva
Esatto. E qui entrano in gioco i sistemi federati, come LDAP o Shibboleth, che usano molte università. In questi casi, è l’organizzazione stessa – l’università, per esempio – a garantire l’identità. Se uno studente si autentica con le credenziali dell’ateneo, sappiamo con certezza chi è. E poi c’è SPID, che in Italia ha anche valore legale. Certo, la procedura per ottenerlo è un po’… come dire… ferruginosa, ma almeno l’identità è certificata dalla pubblica amministrazione.
Unknown Speaker
Mi viene in mente una domanda che ci hanno fatto spesso: “Ma perché non posso semplicemente autenticarmi con Facebook anche per i servizi universitari?” E qui, Tommaso, ti lascio la parola, perché so che hai dovuto spiegare questa differenza più di una volta ai tuoi studenti.
Tommaso Minerva
Sì, guarda, è una delle domande più gettonate. E ogni volta cerco di spiegare che autenticarsi con Facebook significa affidare la propria identità a un soggetto privato, che non ha nessun obbligo di certificare davvero chi sei. Invece, quando usi SPID o le credenziali dell’università, c’è un ente che si prende la responsabilità di dire: “Sì, questa persona è davvero chi dice di essere”. E questo, soprattutto quando si parla di minori o di dati sensibili, fa tutta la differenza del mondo.
Unknown Speaker
E poi c’è il tema del single sign-on: avere un’unica identità digitale che vale per tutti i servizi. SPID, ad esempio, va proprio in questa direzione. Ma anche qui, bisogna capire chi gestisce e certifica questa identità. Non è solo una questione tecnica, ma anche legale e, direi, etica.
Tommaso Minerva
Sì, e non dimentichiamo che, come abbiamo visto anche nella puntata sull’open source nelle università, spesso le soluzioni federate sono più sicure e rispettose della privacy, ma richiedono un po’ più di impegno da parte delle organizzazioni. Però, secondo me, ne vale la pena, soprattutto in ambito educativo.
Chapter 3
Consapevolezza e comunità nell’educazione digitale
Unknown Speaker
Ecco, arriviamo al punto che, credo sia il più interessante: la consapevolezza. Quando valutiamo questi due mondi, dobbiamo considerare parametri come la privacy, la tutela dei dati, la cifratura delle comunicazioni e la protezione dei minori. Non sono dettagli, sono la base per costruire comunità online autentiche e sicure.
Tommaso Minerva
Sì, e qui mi viene in mente la famosa tabella del Fediverso su Wikipedia. È una specie di mappa che mostra tutte le alternative open alle piattaforme centralizzate. C’è davvero di tutto: social, video, cloud… E la cosa interessante è che, per quasi ogni funzione dei “grandi blu”, esiste una controparte open, spesso più rispettosa della privacy e della libertà degli utenti.
Unknown Speaker
Sì, eppure, nonostante tutte queste alternative, la scelta consapevole non è così scontata. Forse perché manca informazione, o forse perché la comunità intorno a certe piattaforme è ancora piccola. Però, come abbiamo visto anche nelle scorse puntate, ogni volta che una scuola, un’università o anche solo un gruppo di persone sceglie una soluzione open, contribuisce a creare una comunità più autentica e sicura.
Tommaso Minerva
Ecco, io credo che la domanda chiave sia proprio questa: come può una scelta consapevole favorire la creazione di comunità online migliori? Non è solo una questione di tecnologia, ma di cultura. Se scegliamo piattaforme che rispettano la privacy, che tutelano i dati e che permettono una gestione più trasparente dell’identità, stiamo anche educando alla cittadinanza digitale.
Unknown Speaker
E magari, la prossima volta che ci troviamo davanti alla scelta tra pillola blu e pillola rossa, ci penseremo due volte. Non per forza per cambiare tutto, ma almeno per essere più consapevoli. Ecco, direi che possiamo chiudere qui per oggi, Tommaso. Come sempre, grazie per la chiacchierata e grazie a chi ci ha seguito.
Tommaso Minerva
Grazie a te, Elena, e grazie a tutti. Continuate a mandarci domande e spunti, perché sono proprio questi che rendono vive le nostre discussioni. Alla prossima puntata!
Unknown Speaker
Ciao a tutti e concludo con il nostro motto... "Buona consapevolezza digitale!"
