Tommaso Minerva

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[02] Università e Open Source: Opportunità Sfruttate a Metà

Un episodio che esplora i servizi open source offerti dal consorzio GARR e Cineca alle università italiane, analizzando perché spesso non vengono adottati. Elena e Tommaso indagano sulle motivazioni culturali e pratiche dietro la preferenza per piattaforme più note come Google Meet e Teams.


Chapter 1

Le infrastrutture pubbliche e l’offerta open source

Unknown Speaker

Ciao a tutti e bentornati a Openness in Education! Io sono Elena Ferri, e con me c’è come sempre Tommaso Minerva. Oggi parliamo di un tema che, secondo me, è un po’ il cuore di questa serie: le infrastrutture pubbliche e i servizi open source che, in teoria, dovrebbero essere la spina dorsale delle nostre università.

Tommaso Minerva

Ciao Elena, ciao a tutti. Sì, guarda, è un argomento che mi sta particolarmente a cuore. Pensa che il consorzio Cineca, per esempio, offre da anni servizi di posta elettronica basati su ambienti open source, completamente gratuiti per gli atenei. E poi c’è la rete GARR, che mette a disposizione strumenti come Big Blue Button, infrastrutture Bluetooth... insomma, una serie di soluzioni tecniche davvero solide, consolidate, efficienti. E sono tutte interne alla rete universitaria, quindi anche dal punto di vista della sicurezza e della privacy, siamo su un altro livello rispetto alle piattaforme commerciali.

Unknown Speaker

Sì, eppure sembra quasi che queste opportunità passino inosservate. Tommaso, tu hai avuto un’esperienza diretta con queste infrastrutture pubbliche, vero?

Tommaso Minerva

Eh, guarda, la prima volta che mi sono avvicinato a queste infrastrutture pubbliche, sono rimasto davvero sorpreso. Mi aspettavo qualcosa di, non so, un po’ macchinoso, invece mi sono trovato davanti a strumenti avanzatissimi, pronti all’uso, e... nessuno li usava! Cioè, letteralmente nessuno. Mi ricordo che chiesi: “Ma quanti atenei stanno usando questa piattaforma?” E la risposta fu: zero. Nessuno. E la cosa assurda è che queste infrastrutture sono pagate dagli stessi atenei! È come avere una nuovissima auto elettrica in garage e continuare a utilizzare un vecchio diesel!

Unknown Speaker

Questa immagine mi fa sempre sorridere, ma è proprio così. E non è solo una questione tecnica, perché l’architettura c’è, è solida, è pronta. Quindi, perché noinn viene sfruttata?

Chapter 2

Le scelte delle università: tra cultura e abitudine

Tommaso Minerva

Eh, qui entriamo in un terreno un po’ scivoloso. Prendiamo Big Blue Button, per esempio: una piattaforma open source per videoconferenze, perfettamente funzionante, integrata nella rete universitaria. Eppure, sai quante università italiane la usano? Nessuna. Zero. È una statistica che fa riflettere.

Unknown Speaker

E la domanda che ci facciamo tutti è: perché? Io, sinceramente, credo che sia una combinazione di pigrizia e abitudine. Cioè, durante l’emergenza, tutti si sono buttati su Google Meet, Teams, Zoom... piattaforme che conoscevano già, che sembravano più facili, più immediate. E da lì non si sono più spostati.

Tommaso Minerva

Sì, e secondo me c’è anche una questione di consapevolezza. O meglio, di mancanza di consapevolezza. Non si conoscono le alternative, o magari si pensa che siano troppo complicate, o che non funzionino bene. Ma spesso è solo una questione di abitudine, di comfort zone.

Unknown Speaker

Guarda, ti racconto un episodio che mi è capitato proprio in ateneo. Durante una riunione, ho proposto di provare una piattaforma open source per le nostre riunioni online. La reazione è stata... come dire... di scetticismo totale. “Ma chi la conosce? E se non funziona? E se perdiamo tempo?” Alla fine, ovviamente, siamo tornati su Teams. È come se ci fosse una barriera invisibile, una resistenza al cambiamento che va oltre la tecnologia.

Tommaso Minerva

Sì, è proprio così. E mi viene da pensare che, come dicevamo anche nella scorsa puntata, c’è una questione culturale di fondo. Scegliere la strada più facile, quella già battuta, è sempre più comodo che mettersi in gioco e imparare qualcosa di nuovo.

Chapter 3

Pillola blu o pillola rossa: la consapevolezza tecnologica

Unknown Speaker

E qui torniamo all’analogia che avevamo già accennato: la pillola blu o la pillola rossa. Prendere la pillola blu significa continuare a usare Google Meet, Teams, senza farsi troppe domande. La pillola rossa, invece, è la consapevolezza: scegliere soluzioni open source, magari più impegnative all’inizio, ma che ti danno autonomia, controllo, e anche una crescita di competenze digitali.

Tommaso Minerva

Sì, e la domanda che dovremmo farci è: quali vantaggi reali potremmo ottenere se le università italiane adottassero davvero queste soluzioni open? I

Tommaso Minerva

o penso a una maggiore indipendenza, una gestione più sicura dei dati, e anche la possibilità di personalizzare gli strumenti secondo le nostre esigenze. E poi, scusa, c’è anche un aspetto di formazione: imparare a usare questi strumenti significa anche sviluppare competenze che poi restano, che fanno crescere la comunità accademica.

Unknown Speaker

Assolutamente. E se guardiamo fuori dall’Italia, ci sono università che hanno adottato Big Blue Button con successo. Penso a certi atenei esteri dove la piattaforma è diventata lo standard, proprio perché offre flessibilità e controllo. Da noi, invece, sembra quasi che ci si accontenti della soluzione più semplice, senza valutare davvero le alternative.

Tommaso Minerva

Sì, e forse la sfida vera è proprio questa: riuscire a far passare il messaggio che la consapevolezza tecnologica non è solo una questione di software, ma di cultura, di autonomia, di futuro. Ecco, magari la prossima volta potremmo approfondire proprio come si può iniziare questo cambiamento, anche a piccoli passi.

Unknown Speaker

Mi sembra un ottimo spunto, Tommaso. Allora ci fermiamo qui per oggi, ma continueremo a esplorare questi temi nelle prossime puntate. Grazie a tutti per averci seguito, e grazie a te Tommaso per la chiacchierata.

Tommaso Minerva

Grazie a te Elena, e grazie a chi ci ascolta. Alla prossima!