[03] Il Fediverso: opportunità per le scuole e università
Analizziamo come il Fediverso e le piattaforme open source stanno rivoluzionando l’ambiente educativo italiano. Dalle alternative ai social tradizionali fino alla creazione di ecosistemi digitali sicuri e personalizzati, esploriamo esperienze concrete e sfide di implementazione.
Chapter 1
Cos’è il Fediverso e perché interessa la scuola
Unknown Speaker
Ciao a tutti e bentornati a Openness in Education! Io sono Elena Ferri, e come sempre c’è con me Tommaso Minerva. Oggi parliamo di un tema che, secondo me, è centrale in questo ciclo di conversazioni: il Fediverso e le sue opportunità per scuole e università.
Tommaso Minerva
Ciao Elena, ciao a tutti! Sì, oggi entriamo proprio nel vivo. Allora, il Fediverso... magari qualcuno ne ha già sentito parlare, magari no. In pratica, è un insieme di applicazioni open source che comunicano tra loro grazie a protocolli come ActivityPub. Questo garantisce interoperabilità, cioè le piattaforme possono dialogare, e anche sicurezza, perché l’identità viene certificata e gestita dall’organizzazione stessa, non da una multinazionale.
Unknown Speaker
Esatto, e questa cosa della sicurezza secondo me è fondamentale, soprattutto in ambito educativo. Le piattaforme principali del Fediverso sono Mastodon, che è un po’ come un Twitter federato, Matrix per la messaggistica, PeerTube per i video... E ci sono esempi concreti anche in Italia, tipo edusocial.it per Mastodon o edumatrix.it per Matrix. Sono ambienti che possiamo davvero personalizzare e controllare.
Tommaso Minerva
Sì, e la differenza rispetto a Facebook o WhatsApp è enorme. Nei social federati, i dati restano all’interno della comunità educativa. È come mandare i figli a scuola sapendo che sono in un ambiente protetto, invece di lasciarli in giro senza sapere dove sono. E poi, queste piattaforme sono installate sui server dell’istituzione, quindi la scuola o l’università ha il pieno controllo.
Unknown Speaker
Guarda, io Mastodon l’ho scoperto proprio grazie a un gruppo di colleghi curiosi. All’inizio ero un po’ scettica, lo ammetto, perché ero abituata ai soliti social. Ma poi mi sono resa conto che la possibilità di avere uno spazio gestito dalla nostra comunità, senza pubblicità, senza algoritmi strani, è una boccata d’aria fresca. E anche la privacy è tutta un’altra cosa.
Tommaso Minerva
Ecco, e non è solo una questione tecnica. C’è anche un valore educativo fortissimo. Se insegniamo agli studenti a usare strumenti alternativi, li aiutiamo a diventare cittadini digitali consapevoli. E questo, secondo me, è uno dei compiti principali delle istituzioni educative oggi.
Chapter 2
Implementare strumenti open source in educazione
Unknown Speaker
Sì, e qui arriviamo al punto: come si fa a portare questi strumenti nelle scuole e nelle università? Ci sono già esperienze pratiche, no Tommaso?
Tommaso Minerva
Sì, assolutamente. Pensa che in alcune classi universitarie abbiamo usato PeerTube per caricare i progetti video degli studenti. È stato interessante perché, oltre a risparmiare sui costi rispetto a piattaforme commerciali, abbiamo potuto gestire tutto internamente, senza dipendere da servizi esterni. E la gestione non è così complicata come si pensa, anzi, spesso è più semplice di quanto sembri.
Unknown Speaker
E poi c’è il tema della cittadinanza digitale. Usare Mastodon o Matrix in classe significa anche parlare di privacy, di consapevolezza tecnologica. Gli studenti imparano che esistono alternative, che possono scegliere e capire cosa succede ai loro dati. È un modo per fare educazione civica digitale, non solo informatica.
Tommaso Minerva
Certo, però non è tutto rose e fiori. Le scuole e gli atenei incontrano diversi ostacoli. Il primo, secondo me, è la pigrizia digitale: siamo abituati a usare Google Meet, Teams, WhatsApp... Cambiare richiede uno sforzo, anche solo mentale. E poi c’è la paura che gli strumenti open source siano più difficili o meno sicuri. Ma, come abbiamo già detto in una puntata precedente, spesso è solo una questione di abitudine e di formazione.
Unknown Speaker
Sì, e aggiungo che a volte manca proprio la curiosità di provare qualcosa di nuovo. Io stessa, la prima volta che ho usato Matrix, ho pensato: “Oddio, sarà complicato!” Invece, dopo due giorni, mi sono chiesta perché non l’avessimo fatto prima. E poi, quando vedi che gli studenti si appassionano, capisci che ne vale la pena.
Tommaso Minerva
Ecco, e non dimentichiamo che queste scelte aiutano anche a recuperare competenze che si stanno perdendo. Gestire la sicurezza digitale, per esempio, è una responsabilità che dovremmo riacquisire, non delegare sempre a qualcun altro. È come chiudere la porta di casa: dobbiamo sapere come si fa, non lasciare le chiavi a Google o Microsoft.
Chapter 3
Un ecosistema integrato: oltre il social
Unknown Speaker
E qui si apre un altro tema: il Fediverso non è solo social o messaggistica. Si può costruire un vero ecosistema educativo integrato. Penso a Moodle per la didattica, Big Blue Button per le videoconferenze, NextCloud per l’archiviazione dei file, PeerTube per i video... Tutti strumenti open source che possono dialogare tra loro.
Tommaso Minerva
Sì, e ti racconto un caso concreto: abbiamo creato una specie di “YouTube universitario” con PeerTube, dove gli studenti pubblicano i loro video. Funziona benissimo, è federato, quindi può dialogare con altre istanze di altre università o scuole. E l’impatto sulla didattica è stato notevole: più partecipazione, più creatività, e anche più attenzione alla privacy.
Unknown Speaker
E quando parliamo di archiviazione, NextCloud è stato una salvezza, soprattutto in emergenza sanitaria. Ricordo quando ho aiutato un collega a migrare tutti i materiali didattici su NextCloud: in pochi giorni avevamo un ambiente sicuro, accessibile solo alla nostra comunità, senza doverci preoccupare di dove finissero i dati.
Tommaso Minerva
Ecco, e qui entra in gioco anche il discorso del cloud pubblico europeo. Se riuscissimo ad avere infrastrutture pubbliche efficienti, sarebbe ancora più facile adottare queste soluzioni su larga scala. Si sta lavorando a livello europeo e nazionale, anche se ci vorrà ancora un po’ di tempo. Ma è un prerequisito fondamentale per rafforzare la sovranità digitale delle nostre scuole e università.
Unknown Speaker
Sì, e secondo me è proprio questo il punto: dobbiamo imparare a fare scelte consapevoli, come dicevamo anche nella prima puntata con la metafora della pillola rossa. Non si tratta di demonizzare le soluzioni commerciali, ma di capire cosa ci offrono davvero le alternative open source e federate. E investire in conoscenza, competenze e autonomia digitale.
Tommaso Minerva
Esatto, e magari la prossima volta potremmo approfondire proprio come si costruisce una comunità educativa digitale, partendo da questi strumenti. Che dici Elena, ci diamo appuntamento alla prossima?
Unknown Speaker
Assolutamente sì! Grazie a tutti per averci seguito, grazie Tommaso per la chiacchierata. Continuate a mandarci domande e spunti, e ci sentiamo presto con un nuovo episodio di Openess in Education. Ciao a tutti!
Tommaso Minerva
Ciao Elena, ciao a tutti e buona serata!
